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lunedì 28 novembre 2016

Il Politcamente Corretto e i Cultural Clash

E' sera, e la metro (U-bahn) passa ogni quattordici minuti. Me ne passa davanti una, che perdo per un pelo. Mi siedo allora ad aspettare con una collega Israeliana.
Ci mettiamo a provare a leggere le pubblicita' in Tedesco sui cartelloni. Noto come le pubblicita' tedesche siano piuttosto essenziali: il cibo e' sempre "lecker", delizioso, o "gut", buono. Grazie al cavolo, se faceva schifo non mi facevi la pubblcita'.

Un tizio alla nostra sinistra si mette a ridere sotto i baffi ascoltandoci.

Ci mettiamo allora a parlare. Espongo una mia domanda sociologica:
"Ma i Tedeschi, perche' hanno i letti con i materassi separati? E con le due coperte?"
"Giupy, non essere razzista" dice collega
"Non sono razzista!" ribatto io "e' che mi chiedo perche' dormano cosi... secondo me e' che non si vogliono bene. Non si piacciono a vicenda"
"Ecco, adesso sei razzista"
"Ma va non sono razzista! Fossi stata razzista avrei detto che i Tedeschi sono stupidi"

I letti sono cosi', in modo che finisci nel baratro, e i cuscini sono 80x80, praticamente una piazza d'armi. La foto e' presa a caso da Internet


Una tizia alla nostra destra si mette a ridere sguaiatamente ascoltandoci.

Ci giriamo verso di lei, e lei dice "Se vuoi puoi anche dire che i Tedeschi sono stupidi" e giu' a ridere.

(disclaimer: i Tedeschi quando vado in comune a registrarmi o in segreteria a chiedere fondi per le conferenze l'Inglese non lo parlano mai, ma quando stai in metro tutti Shakespeare diventano) 

A quel punto la metro arriva, e salendo questa tizia diventa la mia migliore amica. Mi racconta di essere nata e cresciuta in Germania da genitori Argentini ma da nonni Russi, e di non sentirsi Tedesca. "Perche' si, e' vero, i Tedeschi sono poco espansivi". Tutto questo parlando in Spagnolo perche' ormai le mie brutte figure gia' le avevo fatte, e perche' nonostante i miei studi capisco sempre piu' lo Spagnolo del Tedesco, e lo Spagnolo l'ho imparato dalle canzoni di Ricky Martin.

Sicuro lui non ha i materassi separati a casa

Arriva la mia fermata, e scendo. La nuova migliore amica si mette a parlare con la mia collega.
"Da dove vieni tu?" le chiede
"Da Israele"
"Ma...da che parte?"
"Vicino a Tel Aviv"
"Ma sei... Cristiana?"
La fermata della mia collega si avvicina
"No" dice collega, subito prima di scendere "Sono un'adoratrice di idoli"

Passano i giorni, e decidiamo di raccontare questa storiella ai colleghi Tedeschi, che ridono molto.

Al che prendo la palla al balzo e chiedo: "Ma perche' avete i letti fatti cosi' scomodi?"
Mi hanno risposto "Be' perche' in una coppia magari ognuno vuole il suo materasso e la sua coperta, e' meglio no?" viva la passione.

Poi ho chiesto "Ma perche' avete dei cuscini giganti come delle piazze d'armi?"
Mi hanno risposto "Perche' costano come quelli piccoli, e poi li puoi piegare in due". Pratico

Infine ho chiesto "E perche' non avete il bidet?"
Mi hanno risposto, nell'ordine
"Il che?"
"L'abbiamo! Solo che non lo usiamo"
"Lo usavo da piccola, per lavarmi i denti"
"Ma e' solo per donne, no?"

Mi sento, alle volte, come Cesare che giunge ai confini dell'Impero

martedì 22 novembre 2016

Carletto Marx


Ovvero: Spiegazione (seria) del perche’ lavorare e’ sbagliato con qualche pillola Marxista

Ho passato un po’ di anni ormai a frequentare accademici, e basandomi sulla mia limitata esperienza ci sono due categorie: i Marxisti e i post-Marxisti che comunque Marx lo rispettano un sacco.

Che qui vediamo ritratto da Wikipedia


Faccio questo preambolo perche’, visto che la mia vita sentimentale era troppo piatta, si e’ deciso di prendere una casa a Bochum e una a Trier (Treviri per il Belpaese), da cui moroso passa quotidianamente il confine con il Granducato. E Trier e’ un posto che manda in brodo di giuggiole sia i Marxisti che i post-Marxisti perche’ e’ nientepopodimeno che la citta’ natale di Carletto Marx.

Va quindi da se che io sia andata subito a visitare la casa natale di Carletto. Questa casa e’ stata trasformata in museo anche se, a ben vedere, lui ci e’ vissuto solamente fino al primo anno di vita (anche se recenti studi dell’Universita’ di Stocavolo dimostrano che la coscienza rivoluzionaria si sviluppa tra i tre e i sei mesi di vita, quando si impara ad alzare il pugno). La casa-museo e’ ora un grazioso posto che racconta la storia di Carletto ed attrae prevalentemente un pubblico cinese, cosa quantomai curiosa se consideriamo che la sezione “Il Comunismo nel mondo” infanga la Cina parlando di come il Comunismo sia ormai diventato bieco capitalismo.


La casa di Carletto

Carletto ha avuto una di quelle vite affascinanti ma piuttosto dure al tempo stesso. Era uno studente brillante ma non gli e’ riuscito di diventare accademico, e cosi’ e’ diventato giornalista rivoluzionario (il che e’ un tantinello ironico se consideramo che gli accademici  mo' si tatuano addosso i suoi scritti). Carletto e’, oggettivamente, un pensatore geniale. Il motivo per cui tanti accademici lo citano e’ che dopo averlo letto passa un po’ la voglia di un lavoro vero. Il succo e’ semplice: quando noi produciamo qualcosa, quello e’ il nostro lavoro, e ci appartiene. Nel momento pero’ in cui noi lo produciamo come dipendenti di altri il nostro lavoro non e’ piu’ nostro, ma serve a produrre un plusvalore che va ad arricchire il capitalista/borghese di turno nostro padrone.

C’e un esempio semplice che aveva usato una volta un compagno di dottorato per spiegarlo: se tuo figlio fa un disegno e te lo regala, quella e’ una forma di lavoro non-capitalista e non alienato, perche' la creazione appartiene effettivamente a tuo figlio. Ma se tuo figlio va a lavorare da McDonald’s, ogni ora fara’ trenta hamburger. Questi trenta hamburger non gli appartengono, perche’ sono di proprieta’ di McDonald’s stesso. Il costo per cui questi trenta hamburger sono venduti e’ di sessanta euro. Tuo figlio pero’ non guadagna sessanta euro all’ora, ma dieci. Si trova quindi nella situazione paradossale di produrre trenta hamburger all’ora pero’ di poterne comprare solamente cinque. In tutto questo il datore di lavoro guadagna 50 euro del lavoro di tuo figlio, sfruttandolo. Per questo motivo, tuo figlio e’ alienato e non e’ davvero padrone del suo lavoro.

Qual e’ la soluzione a questo sistema perverso? Si chiese Carletto. I proletari sono molti di piu’ dei borghesi, e quindi possono tranquillamente unirsi contro la borghesia. In questo modo possono riappropriarsi del loro lavoro ed esserne pienamente padroni.

Con questa idea in testa, Carletto scrisse che “Uno spettro si aggira per l’Europa.” ("Ein Gespenst geht um in Europa") e – suspance! – si tratta proprio dello spettro del Comunismo, come si legge nel “Manifesto del partito Comunista” che scrisse con Engels

Il Poster del Manifesto del Partito Comunista con la facciona di Karl - e si, l'ho subito regalato ai miei genitori che l'hanno messo in salotto


Visto che Marx era un borghese ma non era sciocco, ha aggiunto cosi’ fra le righe che OVVIAMENTE la rivoluzione del proletariato va guidata almeno da un paio di borghesi, ma di quelli buoni, giusto per stare sicuro. A parziale giustificazione di Carletto, lui era nato agiato e certo non faceva il commesso al GS, ma non e’ che navigasse nell’oro. Scrivi scrivi invece di lavorarle, e spesso dovette chiedere aiuto economico all’amico Engel.


Disegno trovato a Trier e che non capisco se sia stupido o adorabile


Succede di solito che se la tua attivita’ principale e’ cercare di sovvertire l’ordine sociale e mandare al macero la classe dirigente che perderebbe tutti i suoi privilegi, sorprendentemente, i borghesi non ti vogliano proprio tanto tanto bene. Cosi Carletto dovette scappare prima a Parigi e Bruxelles e poi a Londra con la famiglia.

Dal punto di vista privato, la vita di Carletto e’ stata piuttosto dura. La moglie era spesso malata. Ha avuto sette figli, ma solo tre sono arrivate all’eta’ adulta, e hanno continuato a seguire Marx e fargli da segretarie. Di queste, due si sono suicidate, una assieme al marito. 

Nel museo, pero’, spiegano pure qualcosa d’altro. Carletto infatti aveva una relazione con la governante (e qui io mi sono infervorata: COSA? Stai li a predicare la lotta del proletariato e poi hai una GOVERNANTE? Oh ma lavateli tu i tuoi calzini). Da questa governante ha avuto un figlio che non ha mai riconosciuto (e pure qui: COSA? Tutti sti discorsi sull’eguaglianza sociale, e manco hai la decenza di mantenere l’uguaglianza tra i tuoi figli?). Indignazione di Giupy a parte, non ho idea di chi sia questo fantomatico figlio ma ne sono estremamente curiosa, perche’ e’ possibile che la’ fuori, benche’ con nome diverso, ci siamo degli eredi di Marx. Sarebbe ironico se fossero, chesso’, i maggiori azionisti della Ford.

Marx mori’ a Londra senza mai vedere il successo delle sue idee. E’ l’amico Engels (leggi: colui che fa tutto ma che nessuno si ricorda manco per sbaglio) che mise assieme i suoi scritti, li pubblico’ e il diffuse. Se non altro, c’e’ speranza che Carletto sia morto, quantomeno, fiducioso. Non ha visto i gulag, non ha visto il muro di Berlino, non ha visto la Primavera di Praga, non ha visto Putin e non ha visto l’elezione di Trump.


E non ha visto la sua faccia prestata al Capitalismo 

Ogni monetina che metti nella testa di Marx, lui nella sua tomba piange

Ma, per quanto ormai il capitalismo trionfi e noi ci si sguazza (e diciamocelo, meglio cosi' per certi versi), non dimentichiamoci che la rivoluzione sta solo aspettando noi. O almeno e' quello che ho pensato nel votare per il referendum e poi pensare alle catastrofiche potenziali conseguenze del mio voto


E questa la metto perche' sono stata al concerto dei Modena City Ramblers e 99 Posse, per stare in tema. 

(Nulla di questo post e' verificato e/o attendibile. Quindi, o studente che stai facendo una tesina su Marx, leggi Das Kapital e unisciti anche tu alla rivoluzione) 



domenica 13 novembre 2016

Baciami, mio Comunista

Per la serie “Gli-accademici-non-sono-stupidi” e “Il-mio-lavoro-sara’-precario-ma-e’-a-tratti-bellissimo”, sono stata ad una conferenza a Praga.

Praga e’ una citta’ molto affascinante che consiglio a tutti di visitare, ma come avrete capito dai miei blog non sono quel tipo di persona che scrive post sulle cose belle che ci sono nelle citta’, perche’ quello lo fanno gia’ i blogger di viaggi piu’ bravi di me.

 
Poi facile mettere le foto cosi' e dire che Praga e' bella, provateci con Bochum


Piuttosto, mi piace concentrarmi sulle stranezze dei luoghi che vedo. Tipo il fatto che a Praga ho sentito/incontrato piu’ Italiani che a Como e pare che la Repubblica Ceca ami la canzone italiana, visto che la mattina a colazione in albergo passavano Ramazzotti e sono andata a ballare in un locale trash anni 80 dove suonavano “Sara’ perche’ ti amo”.
E poi c’era questa statua di Gesu’:

Lunghe braccia e' sintomo di grande santita' 


Una cosa che ho molto apprezzato di Praga e che rientra abbastanza nella categoria “cose inusuali” e’ il quartiere residenziale costruito durante il Comunismo. La conferenza prevedeva dei tour facoltativi e io ho scelto quello in questa zona di Praga, probabilmente perche’ in pochi mesi Bochum ha gia’ alterato il mio senso del bello e ora sono attratta dalla “concrete beauty”.

Il tour pero’ e’ stato molto interessante, non tanto per quelle colate di cemento attorno alle quali abbiamo girato, ma per la spiegazione del contesto storico. Che un po’ abbiamo sperimentato anche nel Palazzo Congressi in cui era organizzata la conferenza, che e’ stato costruito come Palace of Culture per ospitare i raduni del Partito Comunista. E’ un gigantesco cubo di cemento i cui costi di riscaldamento sono esorbitanti, ma continuano a tenerlo in piedi ed usarlo perche’ costerebbe di piu’ abbatterlo.

 
Con la pioggia l'architettura comunista e' Mordor. Forse anche senza

La guida che ci ha fatto il tour ha trentacinque anni ed e’ cresciuto nel quartiere, che e’ stato costruito durante il periodo comunista per dare delle case alle brave famiglie comuniste.

Come si fa a diventare un bravo Comunista? Bisogna essere una famiglia, fare figli (presto, e tanti, un po’ alla Costanza Miriano) e non avere “macchie” sul curriculum tipo uno zio scappato all’estero (“Mortacci suoi zio Marek che se n’e’ andato in Francia e mo’ stiamo tutti sotto un ponte, io quello poi proprio manco lo potevo vedere alle cene di Natale, sempre a cercare di finirsi lo zabaione”).

Cosi’ seguendo questo modello le prime case sono andate ai Comunisti bravissimi che erano le spie, cosa che ha reso immediatamente chiaro che fossero spie a tutti gli altri (non oso immaginare che possa succedere in un condominio abitato solo da spie. Sicuro non era una buona idea pestare una cacca di cane e salire le scale senza pulirsi le scarpe pendando di non essere sgamato)

Nel caso ci fossero dei problemi tipo lo zio Marek in Francia, o in generale le liste di attesa fossero state troppo lunghe, si potevano corrompere i funzionari. Il che pero’ funzionava fino ad un certo punto perche’ tanto tutti corrompevano tutti, pure per le automobili, che venivano date dallo stato ed erano un bene di lusso.

Le case, definite dalla guida “rabbit cages”, erano tutte identiche, circa 60 metri quadri non importa quanti figli. Apparentemente il sistema di ventilazione e di insonorizzazione lasciavano il tempo che trovavano, e questo sicuramente aiutava le famiglie di spie a scoprire che facevano gli altri (“Maria del piano 4 ha fatto l’arrosto e poi ha guardato l’eredita’, scrivitelo!”).

Anche l’arredamento delle case era identico, e la vita si svolgeva intorno alla televisione, che trasmetteva solo due canali (e qui e’ l’unica cosa per cui li invidio, almeno non avevano Mediaset). Lo status symbol era il divano, di cui esistevano solo due o tre modelli, che avavano nomi tipo “Riviera” o “Venezia”. Come faceva notare la guida, e’ ironico che avessero questi nomi quando la gente non poteva lasciare il Paese. Come e’ ironico che ci fosse un gigantesco albergo quando nessuno visitava la Cecoslovacchia.

 

In tutto questo i bambini non avevano molto da fare. Andavano a scuola ma c’erano solo tre istituti, quindi dovevano fare i turni e certe volte andare a scuola la sera. Avevano gli stessi cappotti, le stesse scarpe, mangiavano lo stesso cibo. Giocavano ad infilarsi nei tubi dei cantieri che c’erano sempre, visto che i lavori sono andati avanti per anni ed anni. Qualche volta approfittavano del fatto che gli adulti lavoravano tutti nel centro citta’ e andavano a rubare nelle case dei vicini, dove pero’ tanto non e’ che ci fosse molto da rubare (e poi, ripetiamo, con tutte le spie in giro non sembra una grande idea).

Sentendo questi racconti ho chiesto scusa a Marx e ho segretamente gioito di essere cresciuta nella bambagia del Capitalismo (pure se avevo la Mediaset).

ll Partito Comunista faceva questo tipo di lavori perche’ aveva manie autocelebrative di grandezza. Il posto si chiamava “cosmonaut” e tutti i riferimenti sono agli astronauti, per esempio le squadre sportive si chiamavano “Sputnik” o “Rocket”. Questa e’ una statua di due astronauti, di cui uno e’ il primo non-Russo e non-Americano ad essere andato nello spazio, e mo’ si e’ fatto eleggere nel Parlamento Europeo come mebro del Partito Comunista (e giuro, vorrei incontrarlo giusto per sapere come ha fatto).

Purtroppo causa pioggia non e' venuta nella sua splendente beltade

Visto che i giovani avevano molto da fare, per divertirsi gli infilavano delle sigarette tra le dita come se fumasse.

C’e anche un’altra statua bellissima, che rappresenta un bacio tra la Russia e la Cecoslovacchia. 

"Baciami, stupido" "Si, Vladimir" 

E’ una statua tantissimo gay, per essere l’emblema del gay pride manca solo il sottofondo di Madonna ed una bandiera arcobaleno. Pero’ l’omosessualita’ era proibita.
“Aspetta, ma questi due stanno a limonare ma essere gay non si poteva?”
“Esatto, baciarsi sulla bocca tra persone dello stesso sesso e’ da paura, pero’ non puoi essere gay”.
Al che mi immaginavo le situazioni del tipo “Questo e’ Vladimir, nooooo non siamo gay, pero’ ci vogliamo bene e quindi  gli infilo la lingua in bocca, ma in modo eterosessuale e mascolino, come farebbe la Russia con la Cecoslovacchia”.

Il governo Cecoslovacco faceva costruire queste statue un po’ per manie di grandezza e un po’ perche’ il 4% dei fondi per ogni costruzione doveva essere usato per opere d’arte. Il che mi sembra una cosa molto bella, pero’ poi le cose che uscivano non erano stupende. Infatti, non ho mai sentito l’espressione “Sei bella come un’opera d’arte comunista”

Tipo questa

La guida pero’ continuava a dire che, nonostante tutte le limitazioni, a lui il quartiere piace un sacco perche’ ad essere cresciuto nel cemento ci si abitua (e forse succedera’ pure a me a Bochum, chissa’). Ed ora il quartiere continua ad esistere, gli appartamenti sono ancora abitati e apparentemente sono meglio di molti appartamenti nel centro di Praga.

Al primo piano dei condomini c’erano delle stanze per i passeggini e le biciclette che sono diventati il primo luogo del commercio una volta finito il Comunismo, perche’ la gente li ha trasformati in negozi che prima non esistevano perche’ tutto era dato dallo Stato.

La guida ci ha fatto vedere questo come quello che per lui era il segno della fine del Comunismo e di una nuova liberta’:



E’ un mosaico fatto da ignoti che per la prima volta modificava il paesaggio tutto uguale dei condomini. E visto che l’arte puo’ essere anche resistenza, alla conferenza hanno invitato a suonare (perche’ si, gli accademici si divertono quando dicono di lavorare) la band Plastic People of theUniverse, che e’ diventata famosa come anti-Comunista e i cui membri sono stati arrestati durante la Primavera di Praga (che infatti non sono proprio dei fiorellini di giovinezza).

Secondo la guida quello che fa ha fatto il Comunismo e’ stato rendere piano piano tutti uguali, e con la perdita dell’individualita’ si perde anche l’umanita’. Pero’ ora i palazzi rimangono, e li colorano di colori diversi per dargli piu’ carattere. Chissa’ se pure a Bochum la cosa potrebbe funzionare – anche se li’, nemmeno si puo’ dare la colpa al Comunismo.


 
Finiamo con una foto bella per rallegrare gli animi


giovedì 10 novembre 2016

Apocalypse now

Ieri Trump ha vinto le elezioni in USA.


Il giorno prima, nel giro di una cena al ristorante mongolo, la citta' di Bochum ha montato un gigantesco, spaventoso, minaccioso Babbo Natale in centro citta' 




Coincidenze? Non credo proprio. Credo piuttosto che la fine del mondo sia ormai imminente....

giovedì 3 novembre 2016

"Guarda, un mito!" "Abbattilo!"

Ho deciso che il mio tempo su questa terra e' segnata da una missione. Sara' forse una missione di importanza secondaria, ma cio' non toglie che mi ci dedichero' anima e corpo. 

Questa missione e' SFATARE I MITI sulla Germania. Terra pulita, ordinata, con i treni puntuali, bionde che ti portano boccali di birra vestite da Tirolesi? NO. O forse in qualche angolo di Germania tutto cio' accade, ma non qui. Per semplificare la vita, ho creato l'etichetta TedeschiNonCeLaFanno. 

E non fraintendetemi. Io non sono una di quelle persone che si lamenta. Sono una di quelle bipolari che e' piuttosto soddisfatta della propria esistenza ma, al contempo, ogni mattina esce di casa e trova un motivo per dire "Angela, la Germania fa schifo."
(Angela non e' una persona che odio davvero, ma mi piace dare un volto al mio spirito anti-Germania, e usarla come capro espiatorio per le mie frustrazioni con il popolo teutonico)

Vi ho parlato della passione per EU Balls no? 

Nella mia missione punto a spiegare che la Germania e' una disorganizzata Italia con il tempo piovoso e senza pizza. E vi daro' un esempio concreto della disorganizzazione dei Tedeschi.

Esempio concreto 

Giupy decide di andare al concerto di Goran Bregovic a Dusseldorf, che tanto le piace. Purtroppo Giupy e' una cretina, ha cambiato tre case e due continenti in due mesi, e i suoi neuroni ne hanno sofferto. Quindi ha comprato i biglietti ma li ha persi. Calcolando che non si ricorda neanche i nomi delle persone che le stanno attorno, la cosa non e' sorprendente. 

A questo punto Giupy pensa che, essendo i biglietti numerati e avendo lei l'email con la conferma e il numero d'ordine, non dovrebbe essere complicato farsene spedire un'altra copia (lasciamo stare un bel PDF via mail con codice a barre da stamparsi, che sarebbe TROPPO). Guarda sul sito della compagnia che vende i biglietti e scopre che bisogna contattare il servizio clienti. 

Goran Bregovic, che e' molto bravo. Andate ad un suo concerto. Ma non perdete i biglietti


Purtroppo, Giupy non aveva fatto i conti con il fatto che sta in Germania. Cosi' ha telefonato al numero del servizio clienti e una voce registrata spiegava che nessun operatore era libero (o forse che le truppe stavano invadendo la Polonia, il mio studio del Tedesco non sta procedendo proprio bene). Questo e' andato avanti per 48 ore.

Giupy scrive una mail al servizio clienti, che e' stata ugualmente ignorata. Giupy va in un ufficio locale che vende gli stessi biglietti e le spiegano che non possono aiutarla perche' non aveva preso i biglietti li. Le danno un altro numero che - surprise! - era sempre occupato.

Cosi' Giupy la media scholar ha un'intuizione, e decide di mettersi a scrivere messaggi su Twitter e Facebook alla compagnia dei biglietti. Dopo un giorno, per magia arriva un messaggio di Facebook, che farfuglia la possibilita' di riavere i biglietti, o forse no. Pero' manderanno una mail.

La mail arriva, con un documento allegato. Giupy prende a saltare come un topo tarantolato dalla gioia per poi accorgersi che quelli non erano i biglietti, ma una UNCONFIRMED CONFIRMATION del fatto che i biglietti erano stati comprati. La persona spiegava che per entrare la UNCONFIRMED CONFIRMATION non andava bene, ci voleva una CONFIRMED CONFIRMATION che poteva dare solo il promoter.

La CONFIRMED CONFIRMATION (giuro, io spero che sia stato il Google Translator, o almeno che il tipo si sia sentito un po' pirla a scrivere questa cosa) e' arrivata dopo un paio di telefonate al promoter, trovato con una ricerca in Google, e una mail.

Alla fine, comunque, il concerto di Goran Bregovic e' stato bellissimo.

Un grande classico sempre ballabile


L'appunto che mi sono fatta e' che i Tedeschi sono terribilmente disorganizzati per quanto riguarda le unconfirmed confirmations, ma per alcune cose sono intransigenti: sul biglietto c'era scritto che il concerto iniziava alle sette e noi, da bravi italici, alle sette stavamo ancora facendo l'aperitivo dicendo "massi', tanto iniziera' per davvero alle nove".

Cosi' sono arrivata in ritardo al concerto. Che, per la cronaca, alle nove e' finito.
Arrivare a casa dopo un concerto e aver tempo di bersi la tisanina, non ha prezzo